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DAI MANOSCRITTI DI PADRE RASCHI "GILIANA" Il 29 gennaio 1962, per un complesso di ragioni,
conobbi la Signorina Giliana Faglia sordo - parlante e affetta da siringomielia
con il midollo spinale impedito in tre punti nelle sue necessarie funzioni:
un misterioso "virus" al midollo, sconosciuto alla scienza, la
rendeva inferma e sofferente. Il Buon Dio la faceva ricolma di doni carismatici
e di celesti visioni, e presso di lei venni anch'io reso partecipe di questi
carismi, e fu in tali occasioni che ebbi una colossale certezza della questione
sul Monte Borriga (Fasce). Ma quando il carisma è vero infonde una certezza, una forza, un coraggio ed una perseveranza mai provati. DA QUESTO MOMENTO S'INIZIA LA VERA OPERA A MONTE FASCE. Nel settembre del 1964 cominciò realmente
i lavori, infatti ho firmato il "Capitolo d'Appalto" il 15 settembre
1964, e il 22 settembre 1964, in una Apparizione della Madonna nella Cappella
Provvisoria, dalle ore 22.30 alle 23.30 la Vergine Immacolata aveva detto
a Giliana e a me, Padre Raschi: ESTRATTO DALL’OMELIA DEL 27 GIUGNO 1981 AD UN PELLEGRINAGGIO PADRE RASCHI PARLA DI GILIANA Apprendiamo dall'omelia del 27 giugno del 1981, di Padre Bonaventura Maria Raschi, come lui ha conosciuto Giliana. Nel mese di settembre-ottobre 1961 un
pellegrinaggio si recò a Monte Fasce dove allora c'era soltanto una
Cappellina. "La Madonna volle mandare Giliana con me ed è con me. È una creatura rispettabile sotto tutti gli aspetti e ha il merito di aver suscitato questo, non solo, ma di avermi profondamente aiutato non solo nell'ideale, nella preghiera-che è quello che soprattutto vale e che ottiene tutte le forze-ma anche finanziariamente." DALL' OMELIA DEL 17 SETTEMBRE 1980 A CHIARI (BS) Padre Raschi e Giliana sono a Chiari per il cinquantesimo di matrimonio dei genitori di Giliana. Padre Raschi ha celebrato la Santa Messa nella Cappellina vicino a Cossirano dove Giliana da bambina ha visto molte volte la Madonna e dove su una pietra si vede ancora il sangue di Giliana quando, obbedendo alla volontà della Madonna, ha camminato in ginocchio dalla cappellina della Madonna ad un crocifisso lì vicino. La cappellina della Madonna si trova in un grande prato salendo alla sinistra di un sentiero, mentre la cappellina con il crocifisso è più avanti sulla destra. È per questo che cinquant'anni sono come un giorno e sono passati nella forza, nella grazia e nella benedizione di Dio, ma c'è di più. Qui, in questa cappella, una del vostro sangue, la primogenita delle vostre tenerezze, ha ricevuto (il Padre è commosso e piange), ha ricevuto dal Signore il dono della Apparizione, il dono della grandezza di Dio e quindi un futuro di immense benedizioni sulla terra e soprattutto nel cielo. Questo è un ricordo (il Padre continua l'omelia piangendo) molto grande, l'ho sentito da anni e oggi io, perdonate, un po' commosso, lo sento davvero in tutta la sua pienezza. La Madonna qui si è rivelata, la figlia delle vostre viscere ha ricevuto la benedizione e la missione e diviene la parola viva che ha potuto, ha potuto, e diciamolo senza paura e con immensa verità, ha potuto costruire il Santuario alla Vergine Benedetta. Questo è veramente la più grande grazia in una famiglia. Allora è su questo aspetto, con questo pensiero, con questa benedizione e con questo dolce e meraviglioso avvenire, anche se provato da diverse croci; d'altra parte il Signore è stato sincero e quindi rimane tale: chi vuol venire dietro di Me, rinneghi se stesso, prenda ogni giorno la sua croce e Mi segua. Quindi le croci non ci meravigliano. Appartengono alla strettissima famiglia della sequenza di Dio e perciò sono la vera benedizione e garanzia che siamo nelle Sue mani. Perciò questa grandezza di ieri, questa grandezza di oggi e la benedizione stupenda di Dio, allieti ancora i vostri giorni, siate contenti perché in questo momento sono arcisicuro che la benedizione della Madonna compie, in questo momento, il Suo grande e meraviglioso gesto materno e divino. Dio perciò vi benedica ancora e felici siano i vostri giorni anche se provati da alcune croci, che non mancano mai nella vita. Il mio augurio perciò è questo, e sia vivo e deposto proprio sull'altare di Dio e della Madonna perché, questa terra santa, dia piena vita a tutto quello che avete sperato, a quello che si spera ancora, e soprattutto al grande giorno eterno che sarà la nostra pace beata. Vi benedico di cuore e seguite senz'altro, la preghiera sacrificale che attira su di noi tutti, la redenzione più ampia e feconda che può scendere dal Cristo che riviene sull'altare come si immolava sul Calvario.
DAL LIBRO DI ALESSANDRO MASSOBRIO "GILIANA L'ASINELLA DELL'IMMACOLATA"
- … sul vetro, su cui si rifrangono i mille barbagli del sole, ecco, ora è possibile distinguere qualcosa. Sono le sopracciglia, il naso, la bocca, ma soprattutto gli occhi di una Signora infinitamente bella, infinitamente dolce, infinitamente lontana. Se ne sta lassù, sul vetro della finestra e la guarda. In bilico tra cielo e terra, chiusa nel Suo manto eppure trafitta dai raggi del sole, la Vergine Maria attende da Giliana la prima parola di un lungo dialogo. Un dialogo che durerà tutta la vita. “Scendi subito di lì! - le dice la bambina, che è assai giudiziosa per la sua età – Va a finire che romperai il vetro e allora le sgridate della mamma toccheranno a me”. - … Il rapporto di questa Veggente con il soprannaturale sta tutto in questo episodio, apparentemente ingenuo, in realtà denso di un profondo significato. Giliana – ci ha confidato una persona che ha frequentato per lunghi anni la protagonista della storia che ci avviamo a raccontare – viveva e faceva vivere a quanti le stavano intorno l’esperienza del soprannaturale come se si trattasse della normalissima routine di tutti i giorni. Con lei non si toccava terra. - … Quando la nostra Veggente parla di “angelo supplementare” e lo distingue da quello custode per la minore apertura alare dell’uno, del primo rispetto al secondo, si esprime con il linguaggio visivo della percezione e non con quello astratto del ragionamento teologico. A lei Mirìam appariva librata nell’aria con due alucce, che la facevano assomigliare ad un puttino, e un volto lievemente olivastro, che se ne usciva da sotto un caschetto castano. Mirìam non era un angelo ma una bimba morta in tenera età, che, nel linguaggio comune, viene per l’appunto chiamata angelo. Giliana non si metteva a disquisire circa la natura assolutamente spirituale dell’angelo e quella spirituale, si, ma, in qualche modo, incompleta dell’anima umana, priva del corpo di cui deve fungere da forma sostanziale. A Giliana interessava il rapporto che intercorreva tra lei e questa piccola creatura, che era diventata la sua migliore amica, la sua devota aiutante, la sua coscienza, saggia quanto disarmantemente ingenua. - … che finzione o montatura non fosse ce lo rivela l’altra faccia del pianeta Giliana, quello, spesso e volentieri, tenuto in penombra da Giliana stessa. Assai restia a rivelare quegli aspetti di se stessa in cui la sofferenza prevaleva sulla gioia, l’espiazione e la morte sulla resurrezione e la vita. - … Perché, come altrove è già stato scritto, Giliana costituiva e continua a costituire la migliore esemplificazione di quel dogma, tanto ostico per l’uomo moderno, cui la Chiesa ha dato nome di comunione dei santi. La comunione dei santi ci insegna che la sofferenza umana – e soprattutto la sofferenza di quegli uomini, di quelle donne e di quei bambini, che nessuna colpa hanno commesso da dover espiare attraverso il patimento fisico e morale – non è un inspiegabile punto interrogativo. Un mistero capace di indurre le menti più illuminate a sprofondare nelle tenebre dell’ateismo. Essa è invece l’indispensabile strumento di compensazione attraverso cui l’economia dell’universo invisibile viene ancora una volta ripristinata. Perché se il male è una sorta di nera onda di risacca, che, fuoriuscendo dal fianco squarciato di una petroliera, impecia e inquina spiagge e animali innocenti, allo stesso modo, il bene deve possedere il requisito opposto. Esso deve cioè nascere dalla sofferenza dell’innocente per ridondare, in modo assolutamente gratuito, a vantaggio del colpevole. - Giliana che condivideva la passione di Nostro Signore, che soffriva d’innumerevoli malattie ma che – per quanto malata – non interrompeva mai la sua attività a vantaggio del Santuario. Che voleva lindo e profumato come un bel fiore da collocare sull’altare, innanzi al Santissimo. - Non era un’esorcista, Giliana, né pretendeva di esserlo. Ma la profonda devozione che la legava alla Vergine Maria, la naturale nemica del demonio, faceva di lei non soltanto un baluardo contro gli attacchi del maligno ma un’arma affilata, una spada, potremmo dire, puntata sempre contro la gola del mostro. La protagonista della nostra storia possedeva, infatti, una sorta di fiuto, tutto soprannaturale, che la faceva sobbalzare, sempre e comunque, in sua presenza. Allora l’amica di Mirìam, l’innocente tormentata dalla sofferenza, si trasformava in angelo vendicatore. - … portare alla luce il mistero di un’anima complessa come quella di Giliana non sarà davvero possibile. - Quando la nostra protagonista ha solo tre anni e mezzo. Una tragedia che si chiama meningite e, come una serpe, striscia subdola e inafferrabile soprattutto tra la popolazione infantile. Non esiste penicillina, non esistono cure adeguate. A Chiari, se ne registrano tre o quattro casi. Non certamente quello di Giliana, almeno a parere dei medici, che curano quei picchi improvvisi di febbre altissima come se si trattasse di semplice indigestione. E invece di meningite si tratta. Per quaranta giorni la bambina versa in condizioni gravissime. Ogni mattina – racconta la mamma – i vicini mi chiedevano se la piccola era ancora viva. E viva Giliana lo è, infatti, anche se esce dal coma, portandosi dietro menomazioni irreversibili. Resterà sorda per sempre e per un breve periodo di tempo anche cieca. - Ma non soltanto gli angeli fanno visita a Giliana. La bambina conversa anche con un cappuccino beneventano, che trascorre una grama esistenza di persecuzione nel convento di San Giovanni Rotondo. Naturalmente si tratta di Padre Pio, il grande mistico, di cui lo stesso Bonaventura Raschi, circa nel medesimo periodo, sperimenta amicizia e carismi. Padre Pio, che appare a Giliana in bilocazione, ne apprezza talmente i doni soprannaturali, che sarà proprio lui, come vedremo, a fungere da intermediario tra la veggente e il francescano, quando le forze oscure che si oppongono all’erezione della Piccola Città, minacceranno di vanificare gli sforzi isolati dell’uomo di Dio. Ma non è finita: c’è una terza presenza, che spesso e volentieri si lascia contemplare dai grandi occhi innocenti della bambina. È la presenza più dolce, quasi più familiare. È il volto di Maria, le sue mani, il suo velo, la sua figura, che sfuma tra le nubi alte nel cielo. Giliana, come già abbiamo detto, ha imparato a conoscerla da sempre. Per questo i suoi incontri con la Madonna sono improntati alla massima spontaneità. - … E soprattutto a chi tanto soffre. Dietro tutta quella gioia di vivere, Giliana infatti si lascia sfuggire frasi, che rivelano d’improvviso l’abisso del suo dolore. A volta, chiede a Carmen: “Com’è la voce di mamma e papà? E com’è la tua?”. E di fronte all’imbarazzo dell’altra, aggiunge: “Sarebbe stato meglio se fossi stata cieca, perché essere sordomuta è proprio brutto”. C’è poco da aggiungere. Carmen tace. Il buio si diffonde nel piccolo appartamento. … il pensiero dominante negli anni che precedono l’incontro con Padre Raschi. La ricerca del senso dell’esistenza. O meglio, la ricerca della direzione da imprimere alla propria esistenza. Certo, la Madonna la chiamava a Sé, ma come rispondere a questa chiamata? Il convento? La consacrazione? Il matrimonio? E poi, era davvero la Madonna colei di cui ascoltava la voce e vedeva l’immagine? Era possibile che tutto fosse illusione, o peggio, illusione satanica? A questa lunga serie di interrogativi Giliana risponde come sempre: rimettendosi alla volontà di Dio. Da perfetta contemplativa, non agisce, non tenta di determinare con le sue sole forze il proprio destino. Attende un segno e di questo segno si serve come di una stella polare per orientare la navigazione sulle acque dell’oceano tenebroso della vita. In primo luogo, si cala nella quotidianità. Svolge i lavori domestici, si reca spesso al fiume con secchi pieni di biancheria da lavare, che poi, lavata e dunque pesantissima, trasporta nuovamente a casa. Ha persino dei corteggiatori, che rimangono incantati da quella sua bellezza tutta spirituale, che si coniuga in lei con un portamento istintivamente signorile. Come se la sua formazione si fosse svolta non a Mompiano, presso le buone suore dalla bacchetta facile, ma nei più esclusivi istituti di élite. - E finalmente la Madre di Dio comincia a far trapelare qualcosa della sua volontà. D’improvviso, Giliana si ritrova nel letto di un fiume. Un corso d’acqua inaridito, il cui letto è stato invaso da spine, sassi, cocci di bottiglia. Ma all’orizzonte, un’immagine rassicurante. Quella della Vergine Maria, che fa segno alla ragazza di seguirLa, di andare comunque verso di Lei. Certamente il percorso è arduo, i piedi nudi presto si arrossano di sangue, ma Giliana procede. Colei che la chiama è infatti Nostra Signora delle Vittorie e la prima delle vittorie è quella ottenuta su noi stessi, sui nostri piccoli egoismi, sugli infiniti ormeggi, che trattengono in porto la navicella di questa breve esistenza, nonostante di fuori l’oceano l’invochi a gran voce. Ecco, ora Giliana comincia a comprendere: la sua vita non sarà facile, ma una vita facile è davvero quanto si propongono coloro che si sono posti alla sequela di Cristo, il quale ha detto: «Chi vorrà salvare la sua vita, la perderà.»? - … Giliana non muore certo di siringomielia, ma la sua salute rimane comunque irrimediabilmente compromessa. Viene sottoposta a terapie dolorose e debilitanti. Per tutti gli anni Cinquanta si apre e si chiude come una tenaglia intorno alle sue gambe, sino a provocarle quell’invalidità assoluta, dalla quale solo Padre Raschi, nel 1962, saprà liberarla. - … Giliana, anche sul letto di morte, anche se tormentata in modo indicibile dall’ultima delle sue malattie, non dimenticherà mai questa lezione. Si spegnerà, perdonando ancora una volta, l’ultima volta. Anche coloro che il perdono avevano scelto come missione e al perdono, sulle orme del poverello di Assisi, si erano consacrati, ma ora di quello stesso perdono parevano del tutto essersi dimenticati. - … Giliana ha la ventura di poter contare, a partire almeno da un certo momento della sua vita, sulla competenza dottrinale di Padre Raschi. Sarà lui a spiegarle le formule dogmatiche, gli appellativi di radice greca, la terminologia filosofica, che la sua divina interlocutrice mischia talvolta nel proprio discorso. Quanto a lei, Giliana si limita a definirsi “l’asinella della Madonna”. Protestando che “se Tu non m’insegni, io non capisco”. - … Nella camera, che Padre Raschi le aveva riservato, al piano terra del santuario di Monte Fasce – una camera semplice come una cella monastica quanto luminosa e pulita come una sala chirurgica – Giliana aveva dispiegato la sua legione celeste intorno a due quadri della Madonna e ad un crocifisso, posto ai piedi del suo letto. - … Occorre premettere che Giliana accrebbe la sua intimità con la Vergine solo col trascorrere degli anni. Come se la divina Signora disvelasse se stessa nella misura in cui la sua interlocutrice dimostrava di essere degna di quel disvelamento. Prima, solo apparizioni. Poi, messaggi personali, che non riguardavano se non l’interessata o che comunque l’interessata non era autorizzata a divulgare. Infine, avvertimenti solenni come predizioni bibliche, che Giliana poteva proclamare al cospetto dell’intero popolo di Dio. Quest’ultimo genere di messaggi, tuttavia, avrebbe caratterizzato solo gli ultimi anni della veggente. … Al tempo di Cossirano, Giliana ascoltava e conservava tutto nel suo cuore. Lasciando agli altri il compito della proclamazione, che a lei per il momento non competeva. |
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