OMELIA DEL 14 GENNAIO 1979

 

La sacra scrittura che prepara la grandezza del sacrificio della Santa Messa quest'oggi, è imperniata su un motivo principale, una tesi particolarissima; cioè la possibilità e, anzi, la reale attuazione di una chiamata. Dio chiama. “Chi chiama?” Tutti. “Nessuno eccettuato?” Nessuno eccettuato. Dio chiama. Evidentemente non tutti allo stesso modo, né tutti allo stesso tempo, né tutti per le stesse circostanze eccetera, però chiama.

Ci porta l'esempio del giovanissimo ragazzo, Samuele, il quale si sente chiamare per tre volte e corre dal suo maestro, al Padre Eli, perché domanda che cos'è? Chi è che mi chiama? Il maestro poi capisce che è il Signore e dice: “Quando ti senti ancora chiamare, rispondi: parla o Signore che il Tuo servo Ti ascolta.”

Sono parole molto semplici, in realtà non hanno niente di straordinario... Ma tutte le parole non hanno niente di straordinario. Lo straordinario della parola è la parola interiore, quella di essere, prima di essere ancora pronunziata, è la parola vivente dentro l'individuo, la quale poi esce fuori, sulle labbra con il suono della voce e allora si manifesta, così. Ma quando la parola è vissuta interiormente, allora tutte le parole hanno il loro valore: o hanno un valore maligno e allora aprono la strada del male, o hanno un valore di bontà e allora aprono la via del bene. Ma tutte le parole hanno il loro valore. Tanto è vero che il Signore dice che saremo giudicati anche su di una sola parola. Ora noi sappiamo che il Signore chiama.

L'esempio del piccolo giovane Samuele è uno dei tanti esempi. San Paolo insiste, però, dandoci il segreto per poter sentire, poter sentire la chiamata. Perché un mare di gente non sente la voce di Dio? Perché non si sente questa misteriosa chiamata di Lui, la quale può aprire mille strade? Perché? San Paolo dice molto chiaro.

Dà la colpa alla cultura materiale dell'uomo. Dà la colpa quindi all'affezione morbosa corporale dell'uomo. E rivendica la giustizia, la verità: che il corpo non è fatto per l'impudicizie ma è per il Signore, perché il Signore è il padrone del corpo. È lui che l'ha creato. E Dio ha risuscitato anche, facendosi Uomo, ha risuscitato la natura umana del Cristo morto sulla Croce. Quindi Primo risuscitato, meraviglioso Signore che apre la strada ai grandi segreti delle glorie destinate al corpo. Infatti il corpo del Cristo e anche il corpo della Vergine, salita anima e corpo in Cielo, si dice “Corpo glorioso”: cioè un corpo che partecipa di tutte le perfezioni dello Spirito sotto ogni aspetto. Il Signore perciò ha creato, in modo particolare, il corpo per questa stupenda e reale vocazione che Iddio dona a tutti i viventi. E dice: “Non sapete che i vostri corpi sono membra di Cristo?”

Il nostro corpo, dice San Paolo, è tempio dello Spirito Santo: un tempio. Dentro di noi abita lo Spirito di Dio. È chiarissimo. Non è ammissibile il minimo dubbio. E il più grande testimonio della presenza dello Spirito Santo dentro di noi. È proprio, diremmo, deducibile non solo dal bene, quasi quasi si direbbe: è più sensibile nel male. Cioè il rimorso, la paura, il pentimento, il disagio, la confusione che crea nello Spirito un'azione malvagia: comunque un'azione poco buona. Che cos'è questo dissapore dentro di noi? Che cos'è questo disordine di sentimenti che toglie la pace dentro l'uomo, in certe circostanze? È né più e né meno che lo Spirito di Dio che chiama, a che cosa? Alla prima, essenzialissima vocazione: al bene.

La prima chiamata di Dio è per il bene: l'uomo è chiamato per il bene. Perciò sbaglia la sua vocazione, rovina la sua strada, sciupa la sua vita quando, invece del bene, fa il male, oppure tradisce il bene o lo lascia, lo omette come se fosse una cosa trascurabile. Dio non è affatto trascurabile.

E poi il Signore rende queste cose, abbastanza sensibili, nel Suo modo di procedere, semplice. Per esempio, con gli Apostoli che erano uomini un po' rozzi, pescatori, non erano abituati a certe finezze, si direbbe, della chiamata. Però non è vero troppo questo. Perché non vuol dire che un uomo apparentemente rozzo, come oggi c'è il modo di chiamare il lavoratore, come se il lavoratore fosse soltanto quello che maneggia la falce, il martello, la zappa... che so io, nessun altro lavora. No tutti lavorano, tolto delle eccezioni. Purtroppo si lavora anche per il male, ma tutti lavorano. Oh! Quindi chi lavora non è detto che sia un tale ignorante, un tale uomo rozzo da non capire le finezze dello spirito. Perché l'anima è anima. Non avrà un'educazione raffinata delle verità soprannaturali, ma è un'anima. E l'anima è intelligenza ed intelligenza pura. Per cui volere o no, con una piccola azione di luce da parte di Dio, se si può chiamare piccola, l'anima si illumina e capisce. Così capiscono gli Apostoli. Sentono che il Battista vedendo passare Gesù, dice: “Ecco l'Agnello di Dio.”

Allora sanno che questa parola dai profeti è consacrata alla rivelazione del Messia. E alcuni di loro vanno subito dietro. E dicono: “Rabbi – che vuol dire Maestro – Rabbi, dove stai di casa?”

“Venite e vedete.” E andarono a casa da Lui e stettero con Lui e soprattutto penetrarono nel mistero della casa, cioè nella grande gioia della verità che il Signore aveva con Sé. Dice il Vangelo che erano le quattro del pomeriggio: è molto preciso, vi dice anche l'ora in cui i discepoli vennero introdotti da Gesù. Ora che cosa succede? Succede che uno di questi discepoli, si chiamava Andrea, ed era fratello di Simon Pietro, il pescatore, il celebre Pietro, no? E appena vede Pietro, dice: “Sai abbiamo trovato il Messia.”

Quello rimane. Si si. Lo conducono e il Signore dice: “Tu sei Simone figlio di Giovanni. Ti chiamerai Cefa” che in ebraico vuol dire pietra non Pietro: pietra. Però tradotto nell'uso normale si dice Pietro. Perché pietra? Perché a queste parole nel Vangelo, fa seguito la celebre promessa di istituzione della Chiesa. “Tu sei pietra e sopra questa pietra Io edificherò la Mia Chiesa e le porte dell'inferno non prevarranno contro di lei.”.

Quindi qui c'è, non solo la chiamata, ma addirittura fa vedere come Dio chiama per le piccole cose, per le rivelazioni interiori di una vita migliore, chiama per un Apostolato e, addirittura pubblicamente, senza tanti misteri, chiama il primo grande Pontefice che è San Pietro, allora povero e semplice pescatore.

Oggi ci meravigliamo se c'è un Papa straniero cioè che non è italiano: Vescovo di Roma. Nemmeno Pietro era italiano. Era nato in Palestina. È stato il primo Vescovo di Roma, il primo Papa. Degli Apostoli nessuno era italiano: erano tutti palestinesi. Degli Evangelisti c'era qualche levico, come Luca eccetera. E allora? E allora la cosa è molto chiara. La vocazione è per tutti. La chiamata è per tutti. E deve essere un'ambizione personale. Beh ma questo qui può avvenire... che so io... verrà da ragazzetti... o almeno nella gioventù... poi è Dio che deve chiamare...

Come che deve chiamare? Ma la vita non è mica una coserella spicciola da buttare là perché non sappiamo cosa farne! La vita è un valore colossale anche vissuta per qualche minuto soltanto. Anche in un minuto si può compiere un gravissimo peccato. E in un minuto si può concepire una bellissima virtù. Si può divenire demoni e si può divenire santi. La vocazione è sempre opportuna, è sempre necessaria, è sempre stupenda ed è sempre una gloria e una forza per chi la riceve. E siccome la riceviamo tutti, nessuno escluso, è bene che ciascuno torni su questo argomento con se stesso. Veda, dentro di lui, quale è stata la sua vocazione, quale è la chiamata di Dio, e non fosse che solo la chiamata generica del bene, è una cosa tanto grande che ci confonde addirittura nella luce e nella Maestà di Dio.

Per questo veniamo anche chiamati “figli di Dio”.

E allora siamo sereni, ai piedi del Signore, domandiamo che Egli insista sempre su di noi, che non ci abbandoni mai, che ci chiami sempre sotto qualunque aspetto, per qualunque missione, purché la nostra anima abbia la pace e così si possa realizzare la Sua gloria e la nostra fortuna terrena ed eterna.


Credo in un solo Dio...